Cinema

Flags of America

Flags of America

Le acquisizioni di Fondazione Fotografia si sono arricchite di ben 82 opere che rientrano nel «discorso sulla fotografia americana del Novecento avviato un anno fa da Fondazione Fotografia con le due retrospettive dedicate prima ad Ansel Adams e poi a Edward Weston» (A. Landi, p. 7).  La decisione poi di titolare questa mostra Flags of America nasce dal convincimento che ciascuno di questi autori sia stato «una vera e propria bandiera di un modo di esprimersi attraverso lo sguardo che ha fatto tendenza nel senso più appropriato ed autentico del termine: un punto di riferimento per la sua generazione  e un vero “maestro” per quelle successive» (F. Maggia, p. 10).
Ventuno gli artisti d’America celebrati in questa mostra. Ma il trait d’union non è l’America ma una tematica trasversale che percorre la maggior parte delle opere: un’indagine che cerca tra le pieghe dell’artificio, della natura e della società. Il risultato sono fotografie magnifiche che rievocano lo stilema del collettivo f/64, della Straight photography, della Street photography, della fotografia surrealista (Ralph Eugene Meatyard), espressionista (Aaron Siskind), metafisica, di quella sperimentale, documentaria, di ricerca e persino di moda. Così si passa dalla restituzione di una visionaria wilderness americana (Ansel Adams, Richard Misrach) allo spettro di un espansionismo urbano incontrollato (Robert Adams, Joh Gossage, Stephen Shore), dal rigore formale (Harry Callahan) alla liberazione dalle convenzioni formali (Lee Friedander), da una ritrattistica rivoluzionaria che presenta il volto sociale dell’America del dopoguerra (Diane Arbus, Richard Avedon, Bruce Davidson, Roy DeCarava, Irving Penn, Garry Winogrand) a vere e proprie «metafore visive» (p. 34) (Minor White). La combinazione di più elementi, come in Chappell o in Meatyard, o il montaggio tra differenti immagini, come in Van Derek Coke, o l’interazione ravvicinata con l’oggetto, come in Caponigro o Bullock o lo stesso Weston, ci permettono di osservare dal punto di vista del fotografo, deducendone e lo spirito di questo e la natura intima delle immagini fino a giungere ai significati stratificati nell’opera.
Sono forti le influenze reciproche tra gli autori. Senza dubbio su tutti maggiori furono quelle di Ansel Adams -e attraverso lui di Alfred Stieglitz-, di Edward Weston, di Diane Arbus, di Aaron Siskind, di Garry Winogrand, di Minor White.
Di quest’ultimo è stato ripresentato Jupiter Portfolio (1975) acquisito nel 2002 dalla Galleria Civica di Modena. La fotografia paesaggistica con White abbandona ogni intento documentario per farsi intimistica, metaforica, «espressione di un’esperienza interiore» (p. 110), si pensi a Golden Gate Bridge (1959), in cui il vero soggetto non è il ponte ma la luce soffusa che fa della nebbia intorno una bruma argentea che avvolge ogni cosa spogliandola di realtà e ammantandola di meraviglia. Così emerge da questa visione onirica un tratto del ponte che si slancia verso il cielo con le sue corde tese verso il basso. Si avverte la sua influenza su Paul Caponigro. El Moro, Vic Gallup (1975) non può esser considerata una fotografia con intenti realistici. È immediato il rimando alla montagna dell’Isola dei morti di Arnold Böcklin o a quella di Cape Trinity di Winslow Homer. L’effetto chiaroscurale reso da uno sbilanciamento verso le tonalità più scure illumina caravaggescamente la montagna -imponente soggetto che racconta di sé la sua forza maestosa- e il paesaggio intorno, trasfigurando la visione in una metafora esistenziale. Emerge la volontà di giungere all’essenza degli enti, al mistero che in essi si nasconde. È questo un aspetto accentuato in Ralph Eugene Meatyard, in cui «l'uso sapiente della luce, così come l’impianto fortemente narrativo che contraddistingue le sue opere, danno luogo a immagini enigmatiche e disturbanti, dove ogni particolare assume importanza e dove il compito di decifrare il significato è lasciato all’osservatore» (p. 74). L’Untitled del 1969 è forse la fotografia più emblematica in tal senso. È un’immagine in bianco e nero. La prospettiva è dalla porta d’ingresso verso una sala fatiscente; al centro campeggia un camino antico; il pavimento e il soffitto e i telai della porta sono combinati tra loro e tagliati, restituendo così l’idea di una scatola, dentro la quale sta avvenendo qualcosa. Si intravedono in trasparenza due figure di donna, stanno ai lati del camino come fantasmi che ci guardano, intenzionati a dirigersi verso di noi. L’immagine è surreale, dunque, e fortemente narrativa, misteriosa, stra-ordinaria, incute persino una certa inquietudine. Una ricerca dell’essenza che Edward Weston riesce invece a condurre rimanendo strettamente aderente al realismo, infatti «i suoi studi sugli ortaggi, le forme umane e gli elementi naturali superano il piano della pura rappresentazione, senza tuttavia mai giungere a una dimensione dichiaratamente mistica o spirituale» (p. 98). La più bella, la più poetica fotografia della mostra è senza dubbio Nude (Charis, Santa Monica, 1936). Lei è seduta su una coperta. Il volto non si vede; il capo, pettinato come una ballerina, è delicatamente poggiato su un ginocchio. Charis si raccoglie in un morbido abbraccio con cui cinge le gambe. Il dinamismo delle linee degli arti, che sembrano incontrarsi per glorificare la carne, rende poeticamente impareggiabile quest’immagine, la cui efficacia espressiva supera di gran lunga una semplice mimesi del reale.
Ben fatto e davvero ben scritto anche il catalogo, introdotto e curato da Filippo Maggia con il contributo di Claudia Fini e Francesca Lazzarini. Le schede sugli autori che accompagnano le immagini delle fotografie presentate al pubblico sono curate con precisione; permettono inoltre attraverso l’approfondimento di mettere in evidenza i punti di contatto tra i vari artisti, di far emergere le differenze e gli stilemi innovativi; risultano infine un’utile guida per un primo approccio all’autore a alla fotografia americana del Novecento.


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Fondazione Fotografia
Flags of America
Ex Ospedale Sant’Agostino
Modena
15 dicembre 2012 - 7 aprile 2013


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Flags of America
A cura di Filippo Maggia
Con Claudia Fini e Francesca Lazzarini
Skira
Milano 2012
Pagine 134

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Didascalie delle immagini in ordine di apparizione:

1.
Ansel Adams
Redwoods, Bull Creek Flat, Northern California, 1960 ca.
stampa alla gelatina d’argento
© 2012 The Ansel Adams Publishing Rights Trust
Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

2.
Richard Avedon
William Burroughs, writer, New York City, July 9, 1975
stampa alla gelatina d’argento
© The Estate of Richard Avedon
Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

3.
Harry Callahan
Cuzco, Peru, 1974
stampa alla gelatina d’argento
© The Estate of Harry Callahan, courtesy Pace/MacGill Gallery,
New York
Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

4.
Paul Caponigro
Reflecting Stream, Redding, CT, 1969
stampa alla gelatina d’argento
© Paul Caponigro
Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

5.
Bruce Davidson
Black Americans, New York City, 1962
stampa alla gelatina d’argento
© Bruce Davidson / Magnum Photos
Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

6.
Ralph Eugene Meatyard
Untitled, 1969
stampa alla gelatina d’argento
© The Estate of Ralph Eugene Meatyard
Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

7.
Stephen Shore
Bay Theater, Second Street, Ashland, Wisconsin, July 9, 1973
c‐print
© Stephen Shore
Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

8.
Edward Weston
Pepper nr. 30, 1930
stampa alla gelatina d’argento
© 1981 Center for Creative Photography, Arizona Board of
Regents
Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

9.
Minor White
Golden Gate Bridge, 1959
stampa alla gelatina d’argento
© Trustees of Princeton University
Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

10.
Garry Winogrand
Hardhat Rally (protest), 1969
stampa alla gelatina d’argento
© The Estate of Garry Winogrand
Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Modena